Amici
buongiorno, prima di affrontare le tematiche enunciate nella mia relazione,
desidero ringraziare gli organizzatori del Convegno per avere ospitato in Terra
Insubre un Subalpino come relatore.
I popoli alpini
e i popoli padani debbono conoscersi ed interagire intellettualmente . Le
attività culturali, indispensabili per percepire il senso di appartenenza e
la condivisione valoriale, debbono essere di supporto all’azione politica,
unico strumento e leva per creare il cambiamento .
Il Mahatma
Ghandi, in un suo celebre discorso sull’Indipendenza dell’India, sosteneva che
le idee, per quanto belle ed elevate, quando non sono accompagnate dall’azione
politica sono come le perle false : non valgono nulla.
Circa trent’anni
or sono, quando ho condotto per la prima volta la mia analisi sulla Lotta di
Classe, devo confessarvi che ero fortemente prevenuto nei confronti
dell’argomento in quanto la mia formazione culturale ed appartenenza
politica, non propriamente di sinistra,
mi portava a considerare la materia che stavo esplorando come emanazione
culturale di quella parte politica che, ora come allora, ponevo all’ultimo
gradino della mia scala valoriale.
In realtà,
approfondendo l’esame, apprendevo come la
“Lotta di Classe “ appartenesse ad una corrente di pensiero sociologico molto
ampia, e non necessariamente marxista, denominata “Prospettiva del Conflitto” o
“Prospettiva Conflittualista”, ovvero un “modello complessivo” che descrive
il funzionamento della Società, assumendo come la stessa si trovi in uno
stato di costante cambiamento in cui il conflitto è una caratteristica
permanente.
Secondo questo
“modello complessivo”, la Società è composta in “Gruppi Distinti”, o
“Classi sociologiche” ciascuno dedito al perseguimento del proprio
interesse.
L’esistenza di “interessi
distinti” comporta la costante presenza di un conflitto.
Quelli che
prevalgono nel conflitto diventano “Gruppi Sociali Dominanti”, quelli che
soccombono diventano “Gruppi Sociali Subordinati”.
Ciò premesso,
dobbiamo ora analizzare il concetto di “Conflitto”, che assume carattere baricentrico
della nostra analisi.
Sotto un
profilo sociologico il Conflitto è una interazione sociale nella quale gli attori
assumono la consapevolezza di una reciproca incompatibilità.
Sotto un
profilo semantico il Conflitto è un sostantivo che deriva dal
verbo fligere
(e quindi urtare, percuotere, abbattere ), e può determinare,
nell’ordine decrescente di intensità le seguenti figure sintomatiche del
conflitto:
A)
Violenza
aperta ( rivoluzione, sommosse, guerra civile ).
B)
Contrapposizione
ostile.
C)
Tensione
( consapevole . inconsapevole).
D)
Dissenso
valoriale ( etica – morale): rapporto con sistema valoriale / sistemi
valoriali.
Corrente filosofica
idealista e concetto di Morale
Corrente filosofica
Nietzschiana ( Spengler ) e Etica
Max Weber e teorizzazione
del conflitto di classe fondato su conflitto valoriale.
La cosa importante è
percepire la reale “natura” del Conflitto, che non costituisce un “evento
occasionale che interrompe il funzionamento generalmente armonioso della
Società “ oppure una semplice
“soluzione di continuità “ del fisiologico svolgimento della vita Sociale, ma è
, al contrario, una parte costante e necessaria della vita sociale.
La Prospettiva (sociologica)
Conflittualista si contrappone a quella Funzionalista , che richiamando
allegoricamente la sinergia tra gli organi del corpo umano idealizza
l’esistenza di una “equilibrio generale fondato su un condiviso senso
valoriale”.
Immagine sociologica
realizzabile sicuramente nelle micro territorialità come le Polis, o
nell’esperienza sociale della Civitas, clonata strutturalmente sulla organizzazione
di Roma, ma dotata di assoluta autonomia gestoria, caratterizzata da una
Umanizzazione del Diritto ( Arangio Ruiz ) che portava a sostituire un sistema
sociale fondato (come il nostro attuale) sulla Sanzione e sulla Cogenza con
quello fondato sulla Fraternitas, sull’Idem Sentire, ma non certamente non nelle aree macro
territoriali , dove il sistema valoriale non può, per evidenti ragioni connesse
alle differenziazioni culturali, etiche ed antropologiche , mai essere
condiviso.
Ma la Prospettiva
Sociologica del Conflitto è tutt’altro che univoca, appartenendo, al contrario,
a Scuole di Pensiero profondamente differenti tra loro.
Molti Sociologi ipotizzano
che la Prospettiva del Conflitto nasca con Karl Marx, il quale, nel suo
Materialismo Dialettico considera la lotta tra le classi sociali come il
<< motore della Storia >> e << la fonte principale del cambiamento
>>.
Il pensiero di Marx, dal
quale non siamo affatto affascinati, trae spunto dal pensiero di un Filosofo
che, almeno per quanto mi riguarda, giudico ancora minormente affascinante.
Mi riferisco ad Hegel e,
segnatamente, al capitolo Signoria e Servitù della Fenomenologia dello Spirito.
In essa Hegel evidenzia il
(non) rapporto tra il Padrone, la Cosa ed il Servo. Il Padrone non riconosce la
Cosa, perché si limita a consumarla desiderandola, e non riconosce il Servo. La
Cosa, per sua natura, non conosce il Servo, e quest’ultimo non conosce se
stesso, sin tanto che, acquisendo la consapevolezza di essere colui che incide
sulla modificazione della Cosa, conosce se stesso e la sua importanza divenendo
figura dominante.
Marx sostituisce la figura
del Capitalista a quella del Padrone, quella del Proletario a quella del
Servo, e la figura della Plusvalenza a quella della cosa.
E, attraverso la presa di
coscienza del Servo che riconosce sé stesso nella propria attività sulla cosa
Marx “costruisce” la sua Teoria della Coscienza di Classe del Proletariato (Materialismo Dialettico).
Attraverso la Rivoluzione
Radicale (o Totale) Marx si pone l’obiettivo della Universale Emancipazione
Umana.
Ma perché ciò avvenga è necessario che tutta la
Società si senta rappresentata da una Classe, ed a questo scopo bisogna che
un’altra classe sia considerata responsabile di tutti i mali della società
stessa.
In altri termini, perché una
Classe divenga la Classe della Liberazione “par excellence” bisogna, al
contrario, che un’altra classe diventi, nell’immaginario collettivo, la
Classe dell’Asservimento.
Ai tempi della Rivoluzione
Francese l’importanza negativa generale della Nobiltà e del Clero
determinò l’importanza positiva generale della Borghesia, classe
immediatamente più vicina e contrapposta.
Possiamo ad ogni buon conto
affermare che il Materialismo Dialettico, nella sua complessiva negatività,
abbia avuto il merito di individuare la modalità sociologicamente corretta
per condurre un conflitto alla sua massima efficacia.
Ma l’elaborazione Marxista
della Prospettiva Conflittuale rappresenta solo una delle “scuole di pensiero”
esistenti all’interno della più ampia figura sociologica delle prospettiva del
Conflitto, e certamente non la più affascinante.
Già la Teoria del Conflitto
sviluppata da Mills non concentra
l’attenzione sulla Lotta di Classe in senso Marxista, ma considera come un
fatto che troviamo nella vita di ogni società il conflitto tra molti gruppi ed
interessi.
Ad esempio, i vecchi contro
i giovani, i produttori contro i consumatori, gli abitanti del centro contro
gli abitanti della periferia.
Coser distingue tra il
conflitto esterno e quello interno al gruppo sociale. Il primo non solo
non dannoso per il gruppo sociale, ma
addirittura consolidante, il secondo è invece disgregativo.
Ma , tra i fautori della
Teoria del Conflitto, la vera e significativa svolta nel passaggio dialettico è
rappresentata dall’Economista Belga
Gustave de Molinary, per il quale il vero conflitto non sarebbe tra proletari e
capitalisti, ma tra Produttori ( di ricchezza ) e Parassiti, offrendo una
contrapposizione tra produttori di ricchezza (dipendenti, lavoratori
autonomi, imprenditori, artigiani) e pubblici parassiti.
(Burocrazia, origine, periodo imperiale, Imperatore Claudio,
Burocrazia Bizantina, Burocrazia Napoleonica, Burocrazia Sabauda, Burocrazia
Borbonica, Burocrazia italiana, Burocrazia Unione Europea Europea… omissis…tasse
e imposte, origine storica della differenziazione…omissis….).
In altri termini de Molinary
distingue tra tax payers e tax consumers, proponendo con forza la questione della
redistribuzione della ricchezza e ponendo l’accento sulla necessità di alzare
barriere sempre più alte allo spostamento di risorse da un’area territoriale ad
un’altra. Una redistribuzione che danneggia chi perde ricchezza ma anche chi è
destinatario dell’aiuto, in quanto riceve un messaggio pedagogico negativo
che ostacola la formazione di una educazione all’autogestione e lo conduce, in breve prospettiva, ad
immergersi nella poco dignitosa categoria della mendicità molesta.
La redistribuzione di
ricchezza è immorale e contro la natura dell’uomo. La psicologia infantile ci
insegna che la prima parola che il bambino pronuncia non è “mamma” o “papà” ma
“mio”. In altri termini il senso della proprietà, specie quando
legittimamente conquistata, rientra nella natura più intima dell’uomo.
Pare eticamente corretto
ipotizzare di destinare parte delle proprie ricchezze all’interno del nucleo
familiare a favore di figli o congiunti in difficoltà, così come provvedere,
nell’ambito di una piccola comunità territoriale al sostentamento delle persone
più fragili economicamente o con problemi di salute, in quanto si conoscono
direttamente o indirettamente e perché sono legate da una stessa identità
valoriale e da una stessa compatibilità antropologica (fisiognomica), ma appare
assolutamente innaturale essere deprivati delle proprie sostanze a beneficio di
perfetti sconosciuti, che magari sono portatori di un modello valoriale
incompatibile e contrastante.
Vorrei soffermarmi, infine,
sulla importanza strategica che ha la Teoria del Conflitto di de Molinary
della creazione sociologica di due sole classi conflittuali.
La suddivisione in molti
gruppi conflittuali (ad esempio presente nella Teoria del Conflitto di Mills)
determina un depotenziamento del conflitto, che viene, per così dire,
annacquato e privato della sua potenzialità deflagrativa rivoluzionaria, che
viene invece originata da una suddivisione in due gruppi totalizzanti e
alternativi.
Esemplifichiamo:
la terribile esperienza vissuta
negli anni 70, ai tempi delle Brigate Rosse , ad esempio sotto un profilo
sociologico non riuscì a produrre una “detonazione rivoluzionaria” perché
nonostante le tensioni sociali fortissime in quel periodo, e – per chi lo
ricorda – la forte ideologizzazione marxista, la composizione sociale non era
più inquadrabile nello schema ottocentesco “Capitalista- Proletario”, ma
diversificata in tante appartenenze sociali differenziate (operai, impiegati,
quadri, dirigenti, piccoli imprenditori, grandi imprenditori, artigiani ecc.)
tutte portatrici di interessi particolari e sistemi valoriali paralleli.
Vengo alla conclusione
osservando come in presenza di un conflitto territoriale come quello oggi in
essere in molti stati europei, e segnatamente nei territori dell’italia del Nord, che ha tutte le connotazioni di una
Lotta di Classe tra Produttori di Ricchezza e Deprivatori di Ricchezza,
sia fondamentale la costruzione –nell’immaginario collettivo della Popolazione
– attraverso una serrata azione di comunicazione politica, di una classe contrapposta, a cui attribuire
un Valore Generale Negativo, la Classe dei Pubblici Parassiti.
E tutto questo può avvenire
solo attraverso una attività politica di sensibilizzazione dell’opinione pubblica in ordine al fondamentale
principio etico , prima che economico, in forza del quale “ il frutto non deve mai cadere lontano dall’albero che lo ha
prodotto “.
Avv. Claudio BERRINO –
Presidente del Circolo Culturale SYNERGHEIN.
( Bibliografia: Les Soirées
de Rue Saint Lazare – La Società del Futuro – G.De Molinari Ed. Liberilibri
Milano – La Tirannia Fiscale, Pascal Salin, Ed.Liberilibri, Mi- Economia e
Società, Max Weber , Donzelli Ed. – L’Anticristo, Friedrich Nietzsche, Adelphi
Ed. -Il Tramonto dell’Euro, Alberto Bagnai, Imprimatur Ed.- Storia del Diritto
Romano, Arangio Ruiz, Giuffrè Ed.).