"Un idiota è un idiota. Due idioti sono due idioti. Diecimila idioti sono un partito politico" - Frank Kafka |
Nei giorni scorsi ho reso pubbliche alcune mie osservazioni in
relazione ad un articolo “postato” da un amico dotato di eccellenti capacità di
analisi nel quale evidenziava la differenza tra la figura del Rivoluzionario e
quella del Ribelle giungendo alla conclusione che il secondo, al di là della
sua pregevole dimensione estetica, rivestiva un ruolo inferiore rispetto
a quello del rivoluzionario e socialmente irrilevante a ragione della sua
“individualità”, inidonea per definizione a svolgere quelle funzioni di
“detonazione sociale” proprie del primo. Vorrei ritornare oggi su questo argomento in quanto l’analisi, lungi dal
presentarsi come una forma di onanismo mentale, riveste una concretezza
straordinaria in un momento in cui il tessuto economico e sociale del nostro
Paese è in evidente fase implosiva. Assistiamo infatti a manifestazioni di legittima e diffusa insofferenza che non
possono né debbono essere raccolte e strumentalizzate dalle forze politiche
“tradizionali” in ragione della circostanza che si sta realizzando la
situazione, descritta da Ernst Junger nelle sue opere, di controllo da parte
del Sistema tanto delle forze di maggioranza quanto di quelle di opposizione,
coessenziali alle prime e da queste fagocitate. Quanto avvenuto nelle scorse settimane, ovvero la formazione di una compagine
di Governo comprendente gli “opposti” politici rappresentati da
(pseudo)Sovranisti ed Europeisti, ovvero (pseudo)Destra e Sinistra più o meno
radicale, il contenitore liquido ed indefinibile del M5S, tutti
appassionatamente accomunati dal desiderio di sostenere il Premier designato
dal Sistema bancario Internazionale e dai suoi servitori italiani deve fare
riflettere quanti ancora credono alla chimerica figura del “Voto utile”,
precipitazione politica della non differente figura concettuale dell’
“Utile idiota”, coessenziale ad ogni strutturata espressione di sistema
politico totalitario. Torniamo dunque al “thema” originario, ovvero alla figura (forse incompresa)
del Ribelle, ovvero di colui che per ragioni di particolare acuzie e percezione
intellettuale comprende, anticipando gli altri, come sia assolutamente
impossibile modificare un sistema strutturato attraverso una attività politica
svolta al suo interno e decide idealmente di ” passare al bosco” , ovvero di
rifugiarsi in un inviolabile periplo sacro entro cui rimanere indenne dalla
invasività di un Sistema sempre più distopico e liberticida. La sua figura di Anarca è profondamente dissimile da quella -ben differente se
non antitetica - rappresentata dall’Anarchico in quanto mentre quest’ultimo
nega l’ auctoritas di qualunque aggregazione statuale il primo si contrappone
ad uno Stato anetico ma riconosce il sistema valoriale di uno Stato Etico e
Tradizionale. Il “Ribelle - Anarca” è solo inizialmente un individualista che “si cela tra il
grigio delle pecore” ma diviene ben presto disponibile ad aggregarsi in un
“branco” quando riconosce la sussistenza di un sistema valoriale condiviso,
sconfessando l’innaturale dicotomia “Ribelle- Rivoluzionario” in quanto il
Ribelle che si aggrega in un “branco” sociale diviene necessariamente un
Rivoluzionario. Tanto premesso, la situazione politica del nostro Paese vanifica qualunque
azione di natura oppositiva parlamentare in quanto il Sistema, per come
si è strutturato, tende a controllare contemporaneamente Maggioranza ed
Opposizione, che cessano di essere fra loro alternative ma si aggregano in un unico
polo spurio. Questo è quanto avvenuto nei giorni scorsi con l’opzione
filogovernativa e filoeuropeista praticata dalla Lega e l’analoga scelta
praticata oltre un anno prima da quell’indefinibile movimento
(originariamente) anti-sistema che nel volgere di breve termine ha
rinnegato platealmente ogni suo punto programmatico originario. Così pure, per
non essere da meno, l’unico movimento politico rimasto all’”opposizione” è
confluito nell’alvo conservatore del Parlamento europeo e la sua leader ha
aderito all’ Aspen Institute Italia – recentemente visitato e
“legittimato” da Joe Biden - aggiungendo il proprio nominativo a quello di
Giorgio Napolitano, di Paolo Mieli e dell’ex direttore UE per le “riforme
strutturali” Mario Nava. Ne consegue che chi culturalmente si senta estraneo alla cultura “dominante”
non abbaia altra alternativa che promuovere e gestire, con modalità
assolutamente pacifiche, un movimento astensionistico di dissidenti
“Ribelli” destinati nel volgere del tempo a trovare elementi aggregativi
identitari e diventare culturalmente “Rivoluzionari”. A chi fosse ancora scettico sulla portata storica e politica del
“ribellismo” mi sento di ricordare come sino alla data fatidica del 23 marzo
1919 Arditi e Futuristi fossero dei “Ribelli”, poi divenuti “Rivoluzionari”
mercé il programma unificatore di Piazza San Sepolcro. L’astensionismo elettorale prodromico alla realizzazione di una progettualità
politica comune è di facile attuazione in quanto non richiede un radicamento
territoriale di tipo burocratico, raccolte di firme per la presentazione di
liste, non è divisivo in quanto l’ ampiezza del dissenso tende a dissolvere
personalismi disgregativi, è politicamente inclusivo in quanto produce una
naturale vis attractiva nei confronti dei ceti sociali maggiormente
penalizzati a prescindere dalla loro provenienza culturale, e soprattutto è
caratterizzato da una assoluta liceità giuridica in quanto l’art. 48 del della
Costituzione stabilisce che “il voto è libero” ed il suo esercizio è un mero
“dovere civico”. Vale la pena precisare che sin dall’ Assemblea Costituente si chiarì che non vi
era contraddizione alcuna tra libertà e doverosità del diritto di voto in
quanto il concetto di “doverosità” venne chiarito da Meuccio Ruini, all’
interno della Assemblea Costituente, precisando che la formula prescelta
non costituiva una obbligatorietà del diritto di voto, tant’è che il dovere di
voto venne originariamente sanzionato esclusivamente con la menzione “non ha
votato” nel certificato di buona condotta , ma la norma venne abrogata nel 1993
trasformando la doverosità del voto in piena libertà del suo esercizio. Auspico, con questo mio non breve ma, nella sua complessità, comunque
relativamente sintetico “post” di stimolare riflessioni ed un eventuale
dibattito tra quanti, appartenenti alla mia stessa comunità culturale ed umana,
abbiano finalmente compreso che il Sistema si giova delle opposizioni
istituzionalizzate in quanto ininfluenti alla modifica dello status quo e la
politica di “entrismo” all’interno di forze politiche già inserite nel sistema
politico istituzionale non produce altri effetti se non quelli della
mortificazione dei propri ideali accompagnati ad una perdita di dignità.
Claudio Berrino
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