sabato 30 ottobre 2021

Come comprendere male e interpretare peggio - I Danni della Distorsione Cognitiva

 

Un errore procedurale di pensiero o di percezione che si presenta in maniera sistematica e influenza le decisioni della persona. Questa potrebbe essere una definizione, per lo meno approssimata, di “distorsione cognitiva”.

Apparentemente la questione sembra essere molto tecnica, ma – de facto – rappresenta un problema quotidiano. Ogniqualvolta un soggetto seleziona un elemento di preferenza nel contesto di una decisione fattuale che riguardi un prodotto di marketing o si riferisca a un politico nel corso delle elezioni o, per esempio, si affidi alle affermazioni di uno scienziato che affermi una “verità” piuttosto che un’altra, si è vittime di almeno una tipologia di distorsione cognitiva. Non che questo derivi da superficialità o approssimazione nei percorsi decisionali di ognuno di noi, anzi: sono proprio gli sforzi volti a cercare di agire nella maniera più razionale possibile a essere inficiati da effetti di cui non si è nemmeno consapevoli. Le tecniche di neuromarketing si basano proprio su questo: le ricerche e la psicologia di mercato sono massimizzate, nella loro efficienza, quando tengono conto dei principali meccanismi inconsci della mente umana e lo stesso vale, ovviamente, in ambito comunicativo. Anche nel caso in cui ci si trovi a dover gestire la comunicazione relativa a un pandemia: così, fin troppo rapidamente, si passa da pandemia a infodemia.
I meccanismi sono molteplici: l’effetto carrozzone, ad esempio: le decisioni sono influenzate da “figure guida” e le persone, a loro volta, si fanno influenzare dal fatto che anche altri hanno operato le medesime scelte. Oppure, l’effetto alone: si conferiscono qualità positive a soggetti che risultano gradevoli sotto diversi aspetti; esemplificativamente, sarà più credibile una soubrette senza titoli né esperienza che dica quello che vogliamo sentirci dire piuttosto che un epidemiologo con decine di lavori scientifici al suo attivo, che affermi qualcosa di anti-conformisticamente “scomodo”. Ecco come funzionano alcuni spot che incentivano le vaccinazioni, a torto o a ragione: sono rassicuranti perché offrono una soluzione immediata e preconfezionata a costo (e impegno) zero.
Tuttavia, chi sa impiegare la distorsione cognitiva come strumento di convincimento, generalmente utilizza elementi anche più raffinati. Un vecchio adagio rimanda all’uso di “bastone e carota”, sintetizzando un aspetto cruciale: gli esseri umani si fanno influenzare dai dati circostanti. Se si promette un premio ai bersagli della comunicazione – nelle evenienze più recenti, l’abbattimento del coprifuoco, la speranza di uscire una volta per tutte da una condizione emergenziale, ecc. – gli stessi soggetti saranno più disponibili ad accettare restrizioni per ottenere il premio (effetto ancoraggio). E ogni premio, ogni traguardo raggiunto altro non è che il principio di una nuova corsa a ostacoli in cui molti ignari lemming sono pronti a partecipare, correndo senza freni, per saltar giù dalla sdrucciolevole scogliera emozionale ove termina la critica raziocinante, valicando l’ennesima Finestra di Overton; tuttavia, non è il caso di scagliarsi contro cattivi politici e ancor più maldestri consiglieri tecnici. Secondo lo stesso Lehman – che coniò l’espressione – è un errore, un vero e proprio malinteso pensare che siano i legislatori a occuparsi dello spostamento della Finestra di Overton: si tratta di pedine di uno scacchiere più grande, occupate a gestire le posizioni meno rilevanti, sotto il profilo strategico. Il concetto stesso del meccanismo cognitivo sotteso  fornisce un’idea di come funzioni l’organizzazione ideativa e non fa il benché minimo riferimento all’eventuale sostegno politico dei nuovi principi che la “finestra” permette di raggiungere: chi muove le pedine apre e chiude finestre di Overton a proprio piacimento e non si cura certo dei politici che si avvicendano in modo effimero sulla scena.
Prendiamo un esempio concreto che non sia collegato con COVID-19, tanto per cambiare tema, e concentriamoci per un momento sulla postulante verde, Greta Thunberg. Meravigliosa icona di rivoluzione autorizzata, di critica anticonformista conformata, propone un’idea geniale: la colpa del problema climatico e ambientale è di tutti. Non delle politiche geo-economiche degli ultimi (quanti?) quarant’anni, non della gestione delle risorse e degli stili di vita promossi in Occidente, che impattano sull’ambiente con la tragicità che solo  Greta e i “gretini” sembrano apprezzare, no: la colpa è di tutti, il che equivale a dire che non è di nessuno. Chissà quali specifiche competenze tecniche avrà mai Greta per sostanziare le sue affermazioni… l’“ideologia dell’incompetenza”, diceva con elegante cortesia Cacciari, riferendosi alla giovane alfiere dell’equilibrio climatico. Ma questo non si può dire, perché si rischia di essere tacciati di sessismo e tele-bullismo su una povera bambina che non presenta alcun discapito se non l’eroismo della verità, una verità fin troppo comoda, preconfezionata e in distribuzione a costo zero. Il tutto con il “rivoluzionario” appoggio dei tanti politici che le stringono la mano: curioso un rivoluzionario che va a braccetto con l’establishment. Chissà se, invece, un giorno avremo il piacere di sapere cosa c’è dietro alla sua ossessione compulsiva per clima e ambiente; magari un mutismo selettivo o magari… altro.
Tornando al punto, basta razionalizzare e restituire proprio alla ragione migliori spunti ed elementi su cui forgiare nuove idee; analisi e rivalutazione sono gli strumenti della reintegrazione della ragione critica: nessun problema, dunque. E invece no, nemmeno per sogno, perché la distorsione cognitiva continua.
Le persone sono portate a ricercare conferme delle proprie scelte e delle proprie idee, scartando le informazioni divergenti. Idee e ricordi sono utilizzati per confermare ipotesi già esistenti, che non vengono quindi analizzate da un punto di vista critico per quanto attiene ai loro contenuti, generalmente non compatibili con il processo di valutazione logica condotto fino a quel momento (bias di conferma). Al contrario, gli stessi ragionamenti effettuati in precedenza vengono utilizzati per confermare ipotesi già esistenti, che vengono quindi rinforzate e “agganciate” alle identiche posizioni di chi la pensa nella stessa maniera. Di fatto, un ulteriore ancoraggio: ancoraggio che viene rafforzato ancor di più dal terrorismo mediatico imperniato sull’avversione per la perdita, altro meccanismo concatenato di distorsione cognitiva. La tendenza a tenere in maggior considerazione le componenti negative rispetto a quelle positive (avversione alla perdita, appunto), atteggiamento irrazionale verosimilmente determinato da fattori connessi alla psicologia evoluzionista, scotomizza qualsiasi dato non coerente con la posizione concettuale già accettata. 
Sarebbe il caso di porsi qualche domanda. Quanti sono i soggetti deceduti “per” COVID-19 e quanti “con” COVID-19? Quanti sono i soggetti deceduti nell’ultimo anno e mezzo per patologie cardiovascolari od oncologiche rispetto ai deceduti, affetti da COVID-19? E questi dati possono giustificare uno stato emergenziale che dura da quasi due anni? Ci sono prove, sotto il profilo sierologico, della reale efficacia dei vaccini? Perché, oggi, con i vaccini la situazione di contagi e decessi è peggiore di un anno fa, già da mesi? Conta qualcosa che eminenti studi scientifici dimostrino come il rischio per i più giovani sia esiguo al punto tale da non giustificare una vaccinazione di massa? Non importa.
E se, ancora, i dati reali, confermati da voci autorevoli e indipendenti contraddicono punto per punto la narrazione mediatica immersiva che da oltre un anno e mezzo ci assorda con il suo silenzio contenutistico? Di nuovo: non importa. Abbiamo infatti a disposizione un altro magnifico strumento di distorsione cognitiva, quello della valutazione a posteriori: i ricordi possono essere plasmati e, ogni volta che vengono rievocati, sono soggetti a modifiche involontarie. Spesso si è convinti di aver previsto le cose nel modo giusto prima che un evento si verificasse, il che non è quasi mai vero. Si tratta di un problema potenzialmente risolvibile in maniera piuttosto semplice, dato che sarebbe sufficiente mettere insieme campioni correttamente selezionati per poter effettuare delle valutazioni altrettanto corrette; in questo spesso i Media sembrano essere di grande aiuto, svolgendo il lavoro al posto dei soggetti che devono decidere e che si trovano a non dover faticare per approfondire e mettere insieme le informazioni corrette. I campioni sono selezionati sulla base di indicatori selezionati da “altri”, determinando preconcetti volontari che agiscono già nel momento in cui si raggruppano i dati (effetto di selezione), così la verità non diventa falsa, ma si trasforma in qualcosa di diverso: una sorta di perbenistica “non-falsità” che contiene dati “non-errati”. E tutto fila liscio – in barba a qualsiasi eterogenesi dei fini – perché la distorsione cognitiva persiste e diviene, anzi, essenziale: siccome l’alterata scelta dei dati probatori è difficile da ostacolare, risulta necessario includere l’errore stesso nelle proprie analisi. Figurarsi, poi, se tutto questo processo dovesse mai (il condizionale è d’obbligo) realizzarsi in maniera volontaria e prestabilita. Cosa accadrebbe se dovesse concretizzarsi sui metaforici binari precostituiti di uno o più soggetti a cui piacciono i treni che transitano solo in alcune stazioni, evitandone altre? E quale mai dovrebbe essere lo scopo di tutto questo?

Un certo Harry Houdini riusciva a far scomparire un elefante davanti a centinaia di spettatori increduli. Il trucco è ancor oggi oggetto di disquisizioni settoriali, ma un ingrediente indispensabile utilizzato dal grande illusionista è certo: il depistaggio. Ora,  giusto per mantenere per qualche istante il dubbio critico nel viatico conoscitivo, non sarà mai che la concentrazione focalizzata su qualcosa possa avere la funzione di distrarre il pubblico da qualcos’altro? Magari da qualcosa di più importante? In questo modo, ci si concentra sulla “questione del momento”, aspettando una magica soluzione: per tornare all’infodemia, il COVID-19 diventa l’affare cult del periodo, mentre si attende con trepidazione la magia del vaccino. Arrivata la magica soluzione, la contestuale distorsione cognitiva fa sì che non ci si avveda del rovesciamento situazionale: il vaccino diventa a sua volta l’affare del momento sostituendo il COVID-19 e il Green Pass assume la funzione di nuova magia. 
Nello stesso modo, come suggeriva di recente il filosofo Fusaro, mentre la resistenza lascia spazio alla resilienza, non ci si avvede dell’attuale transizione socio-politica in corso, perché ci si concentra sulla cosiddetta transizione ecologica. E così via, mentre gli illusionisti attirano l’attenzione su un aspetto marginale, il gioco di prestigio prosegue e così i trucchi necessari al suo compimento, fino al momento in cui non sono più necessarie mistificazioni perché, sulla scena, qualcosa è cambiato permanentemente: il controllo del pubblico, che brama solo di essere nutrito e intrattenuto, è ormai completo. Nemmeno Giovenale, con il suo brocardo “panem ed circenses”, avrebbe saputo sintetizzare meglio la questione; d’altro canto, Giovenale visse in un’epoca “solo” imperiale. Così, mentre ci si concentra su dettagli poco rilevanti, sul “dito che indica la luna”, la democrazia viene svuotata dal suo interno, le garanzie costituzionali vengono abbattute in nome della sicurezza sanitaria e la libertà individuale viene sempre più coartata. Fin qui l’ovvio. Ma quali soluzioni?

“Resistere”, potrebbe essere la corretta risposta. Non ribellione, non rivoluzione, ma resistenza; se, infatti, la rivoluzione aspira a un rovesciamento dell’ordine costituito, la resistenza si pone invece l’obiettivo di conservare un ordinamento che appare minacciato, rivolgendosi contro una violazione di tale ordinamento già concretizzata, al fine di reintegrarlo nella struttura delineata dai suoi principî fondamentali, dopo aver esperito ogni possibile rimedio predisposto dallo stesso ordinamento, senza risultato. D’altro canto, è fin troppo pleonastico osservare come il potere costituito utilizzi le garanzie costituzionali fino a quando queste sono utili alla propria sopravvivenza, per modificarne forma e contenuti qualora sopravvengano dinamiche nuove e ove siano presenti soggetti che tendano a proporsi come nuovo potere costituente. Da tali geometrie dinamiche discendono i concetti di legislatura costituente e disobbedienza civile costituente. In sintesi, si contrappongono potere costituito e costituente in una dinamica di partecipazione democratica attiva dei cittadini mediante dissenso, critica e, in ultimo, violazione delle norme… dunque, resistenza. Una resistenza necessaria, un diritto di resistenza connesso al dovere di fedeltà alla Repubblica, di cui il cittadino – trovandone riscontro negli articoli 1, 2, 3 e 54 della Costituzione – deve farsi latore, se intende vivere in un contesto democratico: sarebbero quindi proprio la legislatura costituente e la disobbedienza civile costituente a poter compensare in via (realmente) emergenziale la crisi democratica odierna, espletando di fatto un vero e proprio diritto repubblicano. Rivisitando Rodotà, si potrebbe affermare che esiste una connessione inedita tra astrazione dei diritti e concretezza dei mutamenti sociali. Il diritto di resistenza diventerebbe quindi, ove esercitato per garantire il rispetto di diritti fondamentali dell’individuo, il punto di contatto più elevato tra morale e diritto. 
Heidegger considerava la deviazione platonica del concetto di “verità” (ἀλήθεια, aletheia), peraltro peggiorato e incancrenito dalla scienza moderna, come la strada più diretta per un processo distruttivo; processo il cui riscatto poteva realizzarsi solo congedandosi da quelle stesse modalità di pensiero, abituale in Occidente, che è il calcolo, la matematizzazione dell’ontologico. Nel pensiero “calcolatore” – imparagonabile al pensiero “pensante” – è la radice della perdizione, perché “…ciò che è veramente inquietante non è che il mondo si trasformi in un completo dominio della tecnica. Di gran lunga più inquietante è che l' uomo non è affatto preparato a questo radicale mutamento del mondo. Di gran lunga più inquietante è che non siamo ancora capaci di raggiungere, attraverso un pensiero pensante, un confronto adeguato con ciò che sta realmente emergendo nella nostra epoca”.
Secondo il filosofo, occorre quindi un ritorno alla Weltanschauung pre-platonico-aristotelica, non legata all’oggettivazione, ma al disvelamento: una concezione di vita che non passa attraverso il tentativo di controllo universalizzato sul concreto cui si finisce per asservirsi volontariamente, ma un ritorno a qualcosa di più alto. Il ricordo di quanto si intuisce prima ancora di comprendere: il falso controllo causale sulla realtà è forse la più ascosa e terebrante delle distorsioni cognitive, mentre il riconoscimento di essere parte ed espressione di una verità più elevata è un processo fondamentale e indipendente che consente di superare fasulli antagonismi dualistici.
Per dirla e concludere con Marcuse, l’immaginazione è la chiave: “la fantasia ha un proprio valore di verità, che corrisponde a un’esperienza propria… L’immaginazione tende alla riconciliazione dell’individuo col tutto, del desiderio con la realizzazione, della felicità con la ragione. Mentre quest’armonia è stata relegata nell’utopia dal principio della realtà costituita, la fantasia insiste nell’affermare che essa deve e può diventare reale, che dietro all’illusione sta vera Conoscenza”.

             Dr. Manlio M. MILANO, M.D.

mercoledì 13 ottobre 2021

DELITTO DI OPINIONE

Non sono un seguace di Voltaire ma ritengo rappresenti un diritto fondamentale di ogni essere umano quello di esprimere compiutamente il proprio pensiero, qualunque esso sia, anche quando questo possa essere non coincidente, contrastante od addirittura incompatibile con quello degli altri. Il pensiero politico, contemporaneo e non, è sempre stato generato dall’adesione a sistemi valoriali ispirati da orientamenti filosofici che, a loro volta, hanno influenzato correnti di pensiero economico e di organizzazione sociale. Giudico di una grettezza ripugnante anche solo il teorizzare l’applicazione di una sanzione penale rivolta a chi si avvalga dell’insopprimibile facoltà di esprimere il proprio pensiero e l’inibizione all’esistenza in vita di questo o di quel partito o movimento  politico. Osservo come nel tanto vituperato “ventennio” non si giunse mai alla negazione per legge dei Partiti politici ma si operò, dapprima con la Legge n. 1019 del 17.05.1928 alla creazione di un unico “listone” di 409 candidati a voto plebiscitario e, successivamente, con la Legge n.  129/1939 alla sostituzione della Camera dei Deputati con la Camera delle Corporazioni i cui membri rappresentavano organicamente gli interessi delle categorie lavorative e professionali. Ben diversa è stata la produzione normativa postbellica con l’introduzione della Legge 10.02.1953 n. 62, meglio nota come Legge Scelba, con cui venne sancito, per la prima volta in Italia, il reato di opinione, giungendo al paradosso di legittimare tra i “Padri Costituenti” i componenti di un partito dichiaratamente marxista e votare la damnatio memoriae ad un altro partito perché aveva avuto la cattiva sorte di essere un soccombente bellico. Personalmente provo oggi inquietudine nel sentire rappresentanti istituzionali che dovrebbero, almeno in teoria, rispettare la dialettica democratica proporre lo scioglimento d'autorità di questo o di quel partito o movimento politico. Per amore di chiarezza ritengo che una proposta di legge di siffatto tenore possa essere giudicata ripugnante e costituisca indice ed espressione di analfabetismo ed inciviltà giuridica tanto se riferita ad una equiparazione, in termini di divieto normativo, del Partito Comunista al Partito Fascista, quanto se sia rivolta, sulla base della suggestione mediatica prodotta da fatti il cui svolgimento appare ancora del tutto oscuro se non equivoco, ad una forza politica non rappresentata in sede parlamentare. Concludo osservando come l’espressione delle Idee, così come dei pensieri filosofici che si trasmutano in Ideologie e nelle correnti di pensiero economico che ne conseguono, non possa essere, in un ordinamento giuridico di cui non ci si debba vergognare, inibita da provvedimenti liberticidi di fonte legislativa in quanto la Storia ci insegna che da solo, il Pensiero, senza l’opera molte volte inadeguata ed incoerente svolta dall’Uomo a cui questo si è ispirato, sia del tutto improduttivo di conseguenze dannose. Chi ha paura delle Idee è interprete autentico della propria inattendibilità e fragilità culturale.

Claudio Berrino

domenica 10 ottobre 2021

INGENUITÀ E RITARDO MENTALE

Il dono più bello dell’infanzia è l’ingenuità. Il bambino non conosce ancora le dinamiche esistenziali e tutto quanto supera il confine della sua comprensione e della sua consapevolezza gli genera stupore. L’espressione stupita di un bambino rappresenta una delle immagini più tenere che mente umana possa concepire. Gli eventi gli appaiono inspiegabili ed il conforto esplicativo offerto dalla mamma e dal papà genera il miracolo della sua progressiva comprensione delle cose. Poi trascorrono gli anni ed il bambino diviene adulto. In taluni casi perde l’inconsapevolezza divenendo una intelligenza incline all’analisi, mentre in altri si limita semplicemente ad invecchiare continuando a conservare la propria fanciullesca inconsapevolezza che, in ragione della sopraggiunta età adulta, si trasforma in ritardo mentale. Ho tratto l’ennesima  conferma di questa dinamica questa sera allorché, al termine di una giornata scandita da notizie devastanti quali l’aumento della benzina a 1,920 euro al litro, la previsione di un conseguente significativo aumento del prezzo delle merci trasportate, la presenza di un  tasso di inflazione – e quindi perdita del potere di acquisto -  che ormai da giorni sta salendo in tutta Europa ma in Italia si pone come contraltare di retribuzioni congelate da circa vent’anni, l’aumento delle rendite catastali in un Paese in cui circa il 70% della popolazione è proprietaria della casa in cui vive, l’attenzione di una massa consistente di italiani affetti da tanto importanti quanto evidenti problemi di ritardo mentale si sofferma sui servizi televisivi costruiti ad hoc dagli organi del Ministero della Verità Governativa aventi ad oggetto scaramucce avvenute a Roma tra manifestanti contrari all’obbligo del green pass, definiti con grossolana approssimazione “no vax”, e Polizia di Stato “in tenuta antisommossa”, quasi che il servizio di ordine pubblico potesse essere svolto da agenti in tutù, di gravità certamente non superiore ai disordini che abitualmente avvengono al termine di una partita di campionato. A fronte delle prime, davvero devastanti, notizie il leader degli ex Sovranisti si limita a belare che la revisione delle rendite catastali non determinerà l’aumento della pressione fiscale sugli immobili, quasi che una riforma di portata epocale e ponderosissima nella sua realizzazione fosse dettata da pure finalità teorico-speculative e, non pago dell’enormità della sua affermazione, aggiunge che il suo partito si batterà strenuamente per portare la durata dei tamponi a 72 ore perché “è quanto stabilito dall’Unione Europea”, mentre la Segretaria dell’unico Partito di (formale) opposizione esistente in Parlamento si limita a stigmatizzare le violenze prodotte da  pericolosissime orde di mamme, operai, impiegati e professionisti fatti oggetto da parte della Celere di quelle stesse attenzioni che vorremmo vedere applicate nei confronti di spacciatori di droga, migranti clandestini, delinquenti comuni. Prevale però in noi sempre quel senso di bonaria tenerezza generato dall’ingenuità dei bimbi e dal ritardo mentale di taluni adulti. 

Claudio Berrino

venerdì 8 ottobre 2021

OTTOBRATA

Il mese di Ottobre mi rende incline alla nostalgia, in quanto è un mese straordinario. Ideale per compiere passeggiate verso mete lontane, anche tenendo un passo sostenuto, quasi prossimo o pari a quello della marcia.  In particolare oggi mi sento particolarmente nostalgico, in quanto provo una intensa emozione verso qualcosa che non è più fisicamente presente nella dimensione del tempo ma lo resta in quella dello spirito. Mi interrogo sulla ragione in forza della quale alcune persone provino questa particolare forma di emozione ed altre ne siano sprovviste, ma mi sovviene immediatamente come l’origine della citata differenza risieda nella naturale, oggettiva, sacrosanta diseguaglianza tra gli esseri umani. Non si può provare desiderio struggente per qualcosa di grandioso ed importante che è appartenuto al passato se la nostra natura è fondamentalmente mediocre se non misera, avvezza alla superficialità, disabituata al rigore della coerenza. Per questi poveri esseri esiste solamente la dimensione del tempo presente e l’assenza di una loro strutturazione etica li conduce all’apostasia culturale, al revisionismo, alla attualizzazione ideologica dettata da una conformistica convenienza. Il mese di ottobre è dunque ideale per trascorrere i fine settimana lontani da Torino, magari in marcia verso la riflessione, anche perché personalmente non percepisco una sola ragione utile per trascorrere i prossimi fine settimana in città. La dimensione del tempo presente consente invece la totale assenza di una emozionalità nostalgica, in quanto non si può provare nostalgia per il nulla e le nullità non sono mai nostalgiche.

Claudio Berrino

martedì 5 ottobre 2021

IL RE È NUDO

La mancata partecipazione alle consultazioni elettorali da parte di più del 50% degli aventi diritto non può essere "liquidata" con un generico riferimento all’assenza di percezione da parte della popolazione del dovere civico ritenuto maggiormente importante in una democrazia rappresentativa, ma deve essere interpretata come un messaggio di repulsa corale nei confronti di chi ha trasformato la Politica da buona gestione della cosa pubblica, resa in ossequio ad un preciso sistema valoriale, a presupposti culturali e filosofici ispiratori, a criteri di gestione economica conseguenti ai primi,​ ad una indefinita e raccogliticcia amalgama di inconsistenti, irresoluti, generici alfieri del nulla. Affabulatori di professione disposti, pur di essere nelle condizioni di gestire una situazione di potere, sia essa locale ed amministrativa oppure nazionale, a rinnegare principi e percorsi storico-culturali. Assistiamo a fenomeni di autentica apostasia ideologica, ove l’abbandono formale e volontario della propria origine culturale e del proprio percorso personale ha indotto ex comunisti ed ​ ex missini a definirsi “a-comunisti” oppure “a-fascisti” dichiarandosi con la propria ignavia interpreti autentici della loro inattendibilità. In questi miseri atteggiamenti non si deve percepire un desiderio di attualizzazione del proprio pensiero ma un semplice e rivoltante desiderio di apostasia culturale finalizzata a soddisfare una mera brama di potere. Le correnti di pensiero esistenti nel nostro Paese sono limitate a sistemi valoriali ben definiti e riconducibili esclusivamente a quelli del pensiero Corporativo della Destra Sociale, al Pensiero Liberale, al Pensiero Cattolico, al Pensiero Marxiano nelle sue differenti declinazioni maggiormente o minormente massimaliste. Al di fuori di queste “chiese” politiche vi è esclusivamente spazio per “comitati” raccogliticci, composti da eterogenee presenze sensibilizzate da centri di potere economico - finanziario la cui unica amalgama è costituita dall’occupazione di immeritati spazi di potere. Oltre il 50% dell’elettorato ha ormai realizzato la irrimandabile necessità di un processo di moralizzazione della vita sociale sottraendosi alla liturgia del voto inutile.

Claudio Berrino 

sabato 2 ottobre 2021

TORINO NON È PIÙ "BELLISSIMA"

Il fine settimana occasionalmente trascorso a Torino mi ha indotto a compiere una passeggiata mattutina in via Roma, sita poco distante dalla mia abitazione. Nonostante la vicinanza al centro cittadino erano ormai anni che non avevo opportunità di avventurarmi, senza fretta e con occhio osservatore, per quelle che ricordavo come essere le sue vie più eleganti. Dopo aver mosso pochi ma pericolosi passi tra piste ciclabili infestate da monopattini elettrici e ciclisti "radical-chic" usi a non rispettare le più banali norme del codice della strada oltre che le regole imposte dalla "normale" buona educazione mi sono trovato immerso in un degrado miserevole. Clochards dormienti su sudici ed improvvisati giacigli di cartone albergavano indisturbati sotto i portici di quelle che erano le più prestigiose vie dell'ex capitale d'Italia. A questo degrado facevano contraltare le saracinesche abbassate dei negozi che avevano cessato la propria attività commerciale. La Galleria Tirrena, che un tempo ospitava importanti negozi di antiquariato, mi è parsa un desolante deserto pullulante di vetrine vuote ed impolverate, silenziose testimoni della ormai percepibile crisi economica che attanaglia la città e l'intera nazione. Proseguendo per via Roma, in piazza  San Carlo, ho scorto le vetrine, anch'esse  vuote, di quella che è stata una tra le più prestigiose boutiques torinesi, come vuote ho scorto le vetrine di un bellissimo caffè storico che frequentavo ai tempi degli studi universitari. La stessa sensazione mortifera l'ho poi  percepita quando, incrociando via Cesare Battisti, mi sono avvicinato a quello che fu il "tempio" dell'abbigliamento inglese per mezzo secolo e di cui fui ricorrente e fedele cliente, oggi esistente solo nei ricordi della mia generazione.  Un quadro cittadino desolante ove degrado, miseria e sudiciume sommergono e "sporcano" l'immagine di una città di una bellezza straordinaria che ci era stata consegnata dal passato e di cui il tempo presente non si è dimostrato essere all'altezza. Torino non è più una città bellissima, ma lo specchio della regressione della civiltà occidentale. Sarebbe necessario un radicale "reset" che, operando al pari di una rivoluzione astronomica, riportasse tutto alla sua situazione di Origine. 

Claudio Berrino