Il 2 giugno è la ricorrenza di quelli che furono, a parere di molti storici, i probabili brogli elettorali del 1946, che consegnarono l'Italia ad una gestione parlamentare partitocratica, che di Democrazia ha posseduto connotazioni minime e che, tra scandali, tangenti, terrorismo di Stato degli anni '70, limitazioni della libertà personale attuate durante una pandemia di incerta (e mai indagata) origine ed abdicazioni di sovranità nazionale, ha posto il nostro Paese sotto tutela e giogo straniero. Non mi sento di festeggiare questa data non perché nutra simpatia nei confronti di una Casa Reale che ha screditato sé stessa e tradito i suoi Sudditi, dapprima alleandosi con la controparte belligerante e poi autoesiliandosi nell'accettazione supina di un esito referendario discutibile, ma in quanto non riesco a scorgere in questi 77 anni di "vita patria" una evoluzione migliorativa delle sorti dell'Italia, del suo prestigio, del suo benessere sociale, della sua Dignità di Popolo. Si dovrebbero celebrare gli eventi storici favorevoli, mai quelli infausti, se non quando -come nel caso di specie- non si voglia autocertificare il proprio fallimento.
Claudio Berrino
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