mercoledì 17 giugno 2020

UNO STATO EXTRAPARLAMENTARE

L'Italia è diventato un Paese extraparlamentare. Non è una esagerazione od una esasperazione concettuale, ma la rappresentazione fotografica di una realtà oggettiva. Le linee programmatiche non vengono più discusse in Parlamento ma decise unilateralmente dai "gestori assoluti " nel contesto lussuoso di una villa privata, affittata a spese dei contribuenti, con ospiti stranieri ben determinati a imporre le proprie decisioni ai loro sudditi italiani. Già....."italiani". Mi chiedo se siamo ancora nelle condizioni di definirci italiani senza timore di offendere i nostri padri ed i nostri avi che, in situazioni analoghe a quelle che stiamo subendo, non avrebbero esitato un secondo a cacciare a pedate nel sedere i "tirannelli", nazionali e non, che avvelenano la nostra esistenza. Personaggi di modesta levatura che non assurgono nemmeno al rango di Tiranni non godendo neppure di quei profili caratteriali negativi ma caratterizzanti che contraddistinguono quella tipologia di prepotenti istituzionali. Ciò nonostante gli italiani (con "i" minuscola) si dolgono, si macerano psicologicamente, si preoccupano ma esprimono gaio buonismo e si prostrano, inebetiti da uno "stile di vita" che li occupa da mattina a sera nella dura lotta per la sopravvivenza a colpi di telefonate, mail, pec, scadenze fiscali, oneri previdenziali, incertezze esistenziali e lavorative, vaccinazioni intorpidenti. Sarà la mutata alimentazione o l'esposizione ai campi elettromagnetici, ma non riesco più a scorgere quella genia di italiani determinati e terribili che negli anni '70 ridimensionavano quotidianamente gli eccessi di potere con modalità talvolta ortodosse, talvolta eterodosse ma comunque mai prive del requisito dell'efficacia. Un mutamento di DNA oppure la sindrome "della rana bollita", poco importa. Le conseguenze sono comunque deplorevoli e deprimenti: uno stuolo di schiavi succubi di altri schiavi di rango superiore, a loro volta asserviti a servitori sovranazionali del potere finanziario globale. Quanta tristezza. 

Claudio Berrino