La sottomissione è un atto di asservimento. Se sottomettere qualcuno significa soggiogarlo, ovvero porlo sotto un giogo, così come si farebbe con un animale, limitando la sua libertà ed autonomia, l'atto di sottomettersi spontaneamente a qualcuno costituisce un asservimento, ovvero un atto di volontario annichilimento della propria immagine e dignità. La forma esteriore più evidente di asservimento è la genuflessione, un atto "plastico" di riconoscimento della propria condizione di inferiorità di fronte a qualcuno o qualcosa. Un tempo era considerata lecita e rispettosa della dignità dell'Uomo esclusivamente la sottomissione alla Divinità, attesa la caratteristica "ontologica " della sua superiorità, oppure alla sua manifestazione in Terra, fosse essa Sacerdotale oppure Imperiale. La sottomissione può essere realizzata non soltanto con atti propri della fisicità del corpo, quali il flettere le ginocchia ed abbassarsi - ad una altezza non occasionalmente e simbolicamente coincidente con l'altrui allocazione biologica dell'apparato genitale - al cospetto di qualcuno o qualcosa ritenuti "superiori", ma anche attraverso una modificazione del linguaggio della propria Etnia o del proprio gruppo sociale perché ritenuto offensivo di qualcuno o qualcosa di fronte al quale ci si sente in condizione di inferiorità e si reputa opportuno se non necessario dare pubblica notizia di tale "sentimento". Ed è così, a titolo esemplificativo, che Popoli che per ragioni etimologiche derivanti dal ceppo linguistico latino hanno per secoli definito gli appartenenti ad etnie caratterizzate da pigmentazione intensamente scura "negri ", traendo il vocabolo dal latino "niger", ovvero nero, improvvisamente attraverso un atto di sottomissione intellettuale ad un altro ceppo culturale percepito come "superiore" hanno ritenuto di definirli "neri", sostituendo quella espressione semanticamente "intermedia" al processo di sottomissione che era "di colore". È accaduto dunque che testi didattici sui quali si erano formate generazioni di cittadini improvvisamente siano stati messi all'indice quali libri colpiti dalla maledizione del relativismo culturale. Il processo di sottomissione non ha del resto risparmiato nemmeno le definizioni scientifiche delle epidemie quando alcune "varianti" virali originariamente definite con la denominazione della loro area di provenienza sono state ribattezzate "delta", o "alfa" o con altre denominazioni giudicate maggiormente "tolleranti". In questo quadro di autolesionismo culturale ed etnico non bisogna dunque stupirsi se undici giocatori di calcio multimilionari dotati di una massa muscolare di dimensione inversamente proporzionale rispetto a quella cerebrale abbiano "deciso" di flettere le ginocchia di fronte a qualcosa che probabilmente non sono nemmeno riusciti a realizzare pur di non compromettere la propria (meritata?) condizione di privilegio sociale. Pare dunque di straordinaria attualità la considerazione di Dostoevskij in forza della quale “La tolleranza raggiungerà un tale livello che alle persone intelligenti verrà vietata la minima riflessione, affinché non offendano gli imbecilli“.
Claudio Berrino
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