Conservo una memoria storica intatta della mia “giovinezza politica” degli anni ’70. Ne provo frequentemente nostalgia, ne avverto talvolta il “richiamo”, percependo il profumo di un’ età vicina e contemporaneamente lontana che sento ancora come attuale. Il tempo talvolta agisce come una lente deformante che rende maggiormente bello il vissuto, edulcorato dal sentimento della nostalgia, ma non è questo il caso che ci occupa. I miei anni ’70 li ricordo come vissuti rincorrendo un ideale, a mia volta rincorso da quanti professavano una politica che definivano democratica dispensando colpi di Hazet 36, voluminoso e pesante modello di chiave inglese, a quanti non fossero allineati sul loro orientamento politico. Un orientamento edificato a copi di slogan, oltre che di spranghe, e frequentemente privo di quell’analisi intellettuale che normalmente accompagna lo sviluppo del pensiero legittimandolo. Al di là delle innumerevoli e giovanissime vittime assassinate nell’intero territorio nazionale custodisco il ricordo nitido di giovani amici che sopravvissero nella mia città a quelle aggressioni, ma subirono, quale conseguenza di esse, oltre alle ferite nel corpo, lesioni nel loro spirito tali da compromettere un armonioso prosieguo delle loro esistenze. Ricordo il caro amico Pietro, recentemente scomparso, aggredito in via Po da un drappello di criminali mentre rientrava dal liceo, inseguito sino all’interno di un tram ed orribilmente ferito al capo con tondini di ferro. Ricordo perfettamente il giubbotto di renna che indossava, intriso di sangue, che gli avevo prestato alcuni giorni prima dell’aggressione. Nutro un perfetto ricordo dell’amico Elio, aggredito in via Alfieri e ridotto ad una condizione di vita vegetale che, per sua fortuna, ebbe assai breve durata. Ricordo l’amico e Collega Aldo, che subì analoga sorte e venne ridotto in fin di vita all’uscita di una scuola ove, ancor giovane Avvocato, insegnava Diritto. E’ vero che è trascorso mezzo secolo e che quei fatti vengono considerati “storicizzati” da quanti non hanno avuto la dignità ed il coraggio morale di impedirli prima e di stigmatizzarli dopo, ma la loro dimensione, per chi li ha vissuti, resta straordinariamente attuale e la Storia non li avvolge ancora nel suo mantello asettico e privo di emozionalità. Tanto premesso osservo come ancor oggi, in concomitanza con la dipartita di uno dei maggiori ideologi di quel pensiero che legittimava la distruzione fisica dei suoi oppositori, la sua figura viene nobilitata da quanti mezzo secolo fa ne seguivano le indicazioni e, dal loro pulpito insanguinato, benché “normalizzati” nella loro dimensione borghese, si sentono in dovere di intesserne le lodi e non si vergognano affatto di quello che sono stati.
Claudio Berrino